Divieto di commercializzazione delle infiorescenze della canapa

divieto commercio cannabis light

Il c.d. “decreto sicurezza” è diventato legge (9 giugno 2025, n. 80). Al suo interno sono confermate le disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa che rendono illegale la vendita negli esercizi commerciali della cosiddetta “cannabis light”, con la possibile irrogazione di pesanti sanzioni, anche penali. L’art. 2 della legge n. 242/2016 consente, come è noto, che dalla canapa coltivata si possano ottenere, fra gli altri prodotti, alimenti e cosmetici ottenuti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori e coltivazioni destinate al florovivaismo professionale. All’art. 4, la norma prevede inoltre che, qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge. A seguito dell’approvazione di tali norme si è sviluppato un notevole commercio di prodotti derivati dalla coltivazione della canapa e contenenti una percentuale di THC nei limiti indicati. A tale situazione sono succedute conseguenze importanti anche nel panorama giudiziario, fino alla sentenza di Cassazione delle Sezioni Unite, n. 30475 del luglio 2019, che ha di fatto consentito agli esercizi specializzati la continuazione dell’attività di vendita, nella considerazione che i giudici di merito, in un eventuale giudizio, potrebbero concludere con l’esclusione della colpevolezza dell’imputato vista l’oscurità del testo legislativo, come spesso in effetti avvenuto. Il “decreto sicurezza” ora convertito in legge prevede che, al fine di evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale, si approvino una serie di modifiche alla legge n. 242. In primis, le nuove norme prevedono il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa coltivata ai sensi del comma 1 dell’art. 1 della legge, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. In caso di violazione del divieto, si applicano le disposizioni sanzionatorie previste dal titolo VIII del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, di cui al dPR n. 309/90. È invece consentita la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi, di cui alla nuova lettera g-bis) del comma 2, aggiunta dal decreto (produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione stabiliti da decreto del Ministro della salute). Un discorso a parte va fatto per le rivendite di generi di monopolio (tabaccherie), le quali sono assoggettate al rispetto dell’art. 45 della legge 7 luglio 1942, n. 907, sul monopolio dei tabacchi, laddove prevede che la vendita dei succedanei del tabacco è vietata, divieto confermato dal capitolato d’oneri in essere con ADM. Sulla base di tali norme e regole, e della considerazione della “cannabis light” come succedaneodel tabacco (una considerazione che si evince dai comportamenti fattuali dell’ADM) si sono spesso verificati sequestri di “cannabis light” in quelle rivendite che, in mancanza di una comunicazione chiarissima in merito da parte dell’ADM, hanno ritenuto di commercializzare il prodotto.Ovviamente, le novità legislative impediscono tale commercio anche in tabaccheria, al di là del problema dell’osservanza del capitolato, in relazione al divieto “in assoluto” di commercializzare le infiorescenze della canapa.

Obbligo polizze catastrofali – le scadenze di legge

Il decreto, diventato legge, ha chiarito alcune questioni rimaste in sospeso rispetto all‘obbligo di sottoscrivere polizze assicurative contro il rischio catastrofale.  Innanzitutto sono state definite le soglie di micro, piccole e medie imprese e i relativi obblighi.  Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro. L’obbligo di polizza viene così suddiviso: per le imprese di medie dimensioni al 1° ottobre 2025; per le piccole e microimprese al 31 dicembre 2025; Se non si procede, per tutte il rischio è di perdere il diritto all’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quanto previsto in occasione di eventi calamitosi e catastrofali) scattano con decorrenza dai nuovi termini fissati dal decreto legge. La nuova legge prevede che la copertura assicurativa sia riferita ai beni a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni. Qualora l’imprenditore, al fine di  adempiere all’obbligo di stipulare una polizza contro gli eventi catastrofali, assicuri beni di proprietà di terzi impiegati nella propria attività di impresa e non già assistiti da analoga copertura assicurativa, provvedendo a comunicare al proprietario dei beni l’avvenuta  stipulazione della polizza, l’indennizzo spettante è corrisposto al proprietario del bene. Il proprietario è tenuto a utilizzare le somme per il ripristino dei beni danneggiati o periti o della loro funzionalità. In caso di inadempimento da parte del proprietario indennizzato dell’obbligo di utilizzo delle somme per il ripristino dei beni danneggiati, l’imprenditore ha comunque diritto a una somma corrispondente al lucro cessante per il periodo di interruzione dell’attività di impresa a causa dell’evento catastrofale, nel limite del 40% dell’indennizzo percepito dal proprietario. Per il rimborso dei premi pagati all’assicuratore e delle spese del contratto nonché per le somme pagate dall’assicurazione al proprietario per il ripristino dei beni danneggiati l’imprenditore che ha stipulato il contratto di assicurazione ha privilegio, ai sensi dell’articolo 1891, quarto comma, del codice civile. N.B Su quest’ultima previsione l’interpretazione è complessa e si attendono i necessari chiarimenti: non è infatti specificato in nessuna parte del testo da dove nasca l’obbligo di rimborso  dei premi pagati all’assicuratore e in che termini operi. 

Formazione e sicurezza: nuovo Accordo Stato Regioni

In Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il nuovo Accordo Stato Regioni finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi in materia di salute e sicurezza. Tale Accordo unifica e riorganizza l’intera disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro sostituendo gli Accordi previgenti e, fatta salva la disciplina transitoria, è in vigore dalla data di pubblicazione del 24 maggio 2025. Per quanto riguarda le novità significative rispetto alla precedente regolamentazione segnaliamo che:  È ammesso un numero massimo di 30 partecipanti ad ogni corso. È stato introdotto un nuovo corso di formazione per Datori di Lavoro di 16 ore minime, con un modulo aggiuntivo 6 ore specifico se si opera in cantieri, da erogare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del nuovo Accordo. L’aggiornamento è di 6 ore ogni 5 anni. Il corso per Datori di Lavoro è propedeutico alla formazione che gli stessi Datori di Lavoro dovranno svolgere qualora intendano assumere direttamente il ruolo di RSPP all’interno della propria azienda (16 ore corso Datore di lavoro + 8 ore corso base + moduli integrativi spec. da 12 a 16h cadauno). L’aggiornamento è 8 ore ogni 5 anni Il corso per preposti (ormai figura praticamente obbligatoria in quasi ogni azienda) passa dalla durata di 8 ore a 12 ore minime. L’aggiornamento della formazione dei Preposti è biennale Il datore di lavoro, oltre ad assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici, deve anche verificarne l’efficacia durante lo svolgimento della prestazione di lavoro. Di seguito si riporta uno schema sinottico